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Normativa del danno ambientale

da | Ott 7, 2022 | Assicurazione dei rischi ambientali

Direttiva 2004/35/CE

Con D.lgs. del 3 aprile 2006 (TU Ambiente) il Legislatore, abrogando l’intera normativa del danno ambientale prevista dall’art. 18 legge 349/1986, ha pressoché interamente recepito la direttiva 2004/35/CE.

Quali sono le disposizioni principali del Testo Unico Ambiente?

Fra le principali previsioni meritano di essere ricordate:

  • L’introduzione di una definizione del danno ambientale (“qualsiasi deterioramento significativo e misurabile, diretto o indiretto, di una risorsa naturale o dell’utilità assicurata da quest’ultima” – art. 300 comma 1);
  • L’introduzione del principio di “precauzione”, con la possibilità, per il Ministero dell’Ambiente, di porre in essere le azioni necessarie per la prevenzione di un danno ambientale non ancora verificatosi, ma di cui vi sia una minaccia imminente (art. 304);
  • La previsione di una procedura amministrativa per l’individuazione delle necessarie misure di ripristino allorché si sia verificato un danno ambientale (art. 305 – 308);
  • La previsione di un’azione risarcitoria in forma specifica e per equivalente patrimoniale in favore del Ministero dell’Ambiente per le ipotesi previste dall’art. 311 n. 2, ovverosia:

“Quando si verifica un danno ambientale cagionato dagli operatori le cui attività sono elencate nell’allegato 5 alla presente parte sesta, gli stessi sono obbligati all’adozione delle misure di riparazione di cui all’allegato 3 alla medesima parte sesta secondo i criteri ivi previsti, da effettuare entro il termine congruo di cui all’articolo 314, comma 2, del presente decreto. Ai medesimi obblighi è tenuto chiunque altro cagioni un danno ambientale con dolo o colpa. Solo quando l’adozione delle misure di riparazione anzidette risulti in tutto o in parte omessa, o comunque realizzata in modo incompleto o difforme dai termini e modalità prescritti, il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare determina i costi delle attività necessarie a conseguirne la completa e corretta attuazione e agisce nei confronti del soggetto obbligato per ottenere il pagamento delle somme corrispondenti” (Art.311 comma 2 TU dell’Ambiente).”

Danno ambientale: risarcimento

L’obbligazione risarcitoria ha natura solidale?

L’art. 311 comma 3 TU dell’Ambiente definisce l’obbligazione risarcitoria in forma specifica come “parziaria”:

“Nei casi di concorso nello stesso evento di danno, ciascuno risponde nei limiti della propria responsabilità personale. Il relativo debito si trasmette, secondo le leggi vigenti, agli eredi nei limiti del loro effettivo arricchimento”. Pertanto, la responsabilità ambientale non ha natura solidale e ciascun responsabile è tenuto ad eseguire gli interventi riparativi solo nei limiti di quanto gli sia effettivamente imputabile.

Il Testo Unico Ambiente ha recepito integralmente la Direttiva CE n. 35/2004?

Le disposizioni del TU Ambiente non attuavano tuttavia in modo pieno i principi della direttiva 2004/35/CE sicché, con ben due interventi legislativi, il Legislatore è dovuto intervenire prima con Dl del 25 settembre 2009 n. 135, precisando che il danno all’ambiente doveva essere risarcito secondo i principi indicati dalla direttiva europea di riparazione “primaria”, “complementare” e “compensativa”.
Successivamente, con legge 6 agosto 2013 n. 97, che ha previsto all’art. 25 l’eliminazione nel Testo Unico di qualsiasi riferimento al risarcimento “per equivalente”, rendendo quindi esclusive per il danno all’ambiente le sole misure di riparazione.

Esistono altre forme risarcitorie del danno ambientale?

Come si è detto, vi è un principio ineludibile, ovvero quello della inapplicabilità del risarcimento per equivalente (cioè in denaro) per quanto riguarda il danno all’ambiente in sé, ma accanto al principio di riparazione coesiste comunque il tradizionale criterio risarcitorio nei confronti di soggetti terzi che abbiano subito un danno ingiusto in conseguenza di un danno ambientale.

Pertanto, qualora uno sversamento di idrocarburi, ad esempio, danneggi l’ambiente circostante, il responsabile sarà tenuto a porre in essere tutte le attività di riparazione (primaria, complementare e compensativa) che risultino possibili ma, se per il medesimo evento saranno stati danneggiati anche beni di terzi (ad esempio allevamenti naturali o silvicoltura danneggiati dalla contaminazione della falda), per tali beni varranno i principi risarcitori usuali ex art. 2043 c.c..

Danno ambientale: responsabilità amministrativa

Nella disciplina del Danno Ambientale esiste anche una responsabilità di tipo amministrativo, che è prevista dalla Parte IV – Norme in materia di gestione dei rifiuti e di bonifica dei siti inquinati – Titolo V – Bonifica di siti contaminati.

A riguardo, l’art. 239 – Principi e campo di applicazione, prevede che “Il presente titolo disciplina gli interventi di bonifica e ripristino ambientale dei siti contaminati e definisce le procedure, i criteri e le modalità per lo svolgimento delle operazioni necessarie per l’eliminazione delle sorgenti dell’inquinamento e comunque per la riduzione delle concentrazioni di sostanze inquinanti, in armonia con i principi e le norme comunitari, con particolare riferimento al principio “chi inquina paga”.

Qual è il presupposto per attivare la procedura di bonifica, prevista dalla Parte IV, Titolo V del Testo Unico Ambiente?

Il presupposto è di fatto simile a quello del danno ambientale, vale a dire un evento che sia contaminante o potenzialmente pericoloso e idoneo a cagionare un rischio ambientale e sanitario.

Mentre però nella normativa in tema di bonifica le matrici protette sono il suolo, il sottosuolo, i materiali di riporto e le acque sotterranee, il danno ambientale prevede anche il rischio di compromissione delle specie naturali, degli habitat e delle acque sotterranee e non.

Anche se manca di fatto un coordinamento fra le due discipline, si può affermare che l’obiettivo perseguito è comunque il medesimo, posto che anche la procedura amministrativa persegue le medesime finalità riparative.

Danno ambientale: responsabilità penale

Accanto alla responsabilità amministrativa, ambientale e civile vi è anche una responsabilità penale.

La legge di riforma degli Eco-delitti del 22 maggio 2015 n. 68 ha riscritto la responsabilità penale in tema di ambiente, in aggiunta alle disposizioni a suo tempo previste con il D.lgs. 231/2001. Tale legge ha introdotto il Titolo VI bis del libro Secondo del Codice Penale: “Dei delitti contro l’ambiente”.

Accanto ad una serie di ipotesi di reato aventi natura contravvenzionale, definite mediante il riferimento a valori tabellari, viene individuata la fattispecie dell’art. 452 bis c.p. (fortemente criticata dalla dottrina penalista per talune espressioni poco coerenti con il principio di tassatività previsto dall’art. 25 Cost.), che testualmente recita:

“È punito con la reclusione da due a sei anni e con la multa da euro 10.000 a euro 100.000 chiunque abusivamente cagiona una compromissione o un deterioramento significativi e misurabili:

  1. delle acque o dell’aria, o di porzioni estese o significative del suolo o del sottosuolo;
  2. di un ecosistema, della biodiversità, anche agraria, della flora o della fauna.

Quando l’inquinamento è prodotto in un’area naturale protetta o sottoposta a vincolo paesaggistico, ambientale, storico, artistico, architettonico o archeologico, ovvero in danno di specie animali o vegetali protette, la pena è aumentata”. (Art. 452 bis c.p.)

La norma intende punire l’inquinamento ambientale e con esso condotte che, pur senza avere cagionato un evento catastrofico tale da mettere in pericolo un numero indeterminato di persone, si rivelino comunque gravemente lesive del bene ambiente.

Il secondo reato introdotto è quello previsto dall’art.452 quater, il quale prevede che:

“Fuori dai casi previsti dall’articolo 434, chiunque abusivamente cagiona un disastro ambientale è punito con la reclusione da cinque a quindici anni. Costituiscono disastro ambientale alternativamente:

  1. l’alterazione irreversibile dell’equilibrio di un ecosistema;
  2. l’alterazione dell’equilibrio di un ecosistema la cui eliminazione risulti particolarmente onerosa e conseguibile solo con provvedimenti eccezionali;
  3. l’offesa alla pubblica incolumità in ragione della rilevanza del fatto per l’estensione della compromissione o dei suoi effetti lesivi ovvero per il numero delle persone offese o esposte a pericolo.

Quando il disastro è prodotto in un’area naturale protetta o sottoposta a vincolo paesaggistico, ambientale, storico, artistico, architettonico o archeologico, ovvero in danno di specie animali o vegetali protette, la pena è aumentata”.

Scopri di più sull’Assicurazione dei rischi ambientali all’articolo dedicato.

Avv. Italo Partenza

Nato a Macerata il 28 giugno 1964. Fondatore ITC Law – Esercita la professione nell’ambito dei settori di specializzazione dello studio. Docente in Master in tema di responsabilità civile ed assicurazione. Collabora con l’associazione Broker assicurativi italiani (AIBA) e partecipa al Comitato di redazione della rivista Responsabilità Medica – Diritto e Pratica Clinica di Pacini Editore. Collabora con Riviste ed Enti di Formazione.

Avv. Roberta Victoria Nucci

Nata ad Arezzo il 27 settembre 1990 Co Fondatrice ITC Law – Esercita la professione nell’ambito dei settori di specializzazione dello studio Collabora in attività formative e con la rivista Responsabilità Medica – Diritto e Pratica Clinica di Pacini Editore, anche curandone l’aggiornamento online.

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